Le spighe di grano sorgono come pieghe di elaborazione nell’intricato reticolo dei lunghi filamenti di seta grezza intessuti al telaio, che costituiscono l’autoportante onirica e gestuale di una ineffabile e liberatoria articolazione informale. Così.
Da un labirinto vermi colante, fluidificante in aggrovigliati movimenti e guizzi di organicità emergono i graffi e le friature di chiare trasparenze che si palesano nei segni, immersi in una solarità abbagliante, delle spighe ondulate, ritmate in una modularità che scandisce la superficie quasi per dare un senso di durata e trovare una stabilità espressiva alla polimorfica, svagata arbitrarietà della composizione.